“Un certo giorno, un uomo fu colto da una grande sete spirituale.
In quei tempi, quando eri assetato spiritualmente, andavi in foresta (oggi, ovviamente, ciò sarebbe difficile, visto che non c’è molta foresta in giro!).
Quindi, quest’uomo si addentrò in una foresta vicina e trovò un albero, sotto al quale si sedette a gambe incrociate, e incominciò a intonare la sacra sillaba aum.
Ora, puoi intonare l’aum solo per un certo tempo; poi lo stomaco ha il suo aum che si fa sentire periodicamente!
Ogni volta che il suo stomaco brontolava, l’uomo andava in città per un pasto.
Poi tornava, e riprendeva le sue austerità. Un giorno, tornò dopo il suo pasto e si sedette su una roccia. Stava per riprendere la sua intonazione quando notò una volpe; aveva perso entrambe le zampe anteriori, ma era ancora ben pasciuta e sana.
Ciò colpì l’uomo come una cosa decisamente strana.
In una giungla, governata dalla legge della sopravvivenza del più forte, era strano trovare un animale disabile, ma sano. Come aveva fatto questa volpe a sopravvivere?
L’uomo la guardò con un certo stupore. Dopo un po’, riprese le sue pratiche. Quella sera, mentre meditava, udì il ruggito di un leone. Dimenticò rapidamente il suo aum e si arrampicò su un albero. Il leone si avvicinò con un grosso pezzo di carne in bocca; con grande stupore dell’uomo, l’animale si avvicinò alla volpe zoppa, glielo lasciò cadere davanti e se ne andò. La volpe incominciò ad addentare la sua cena. L’uomo stava lì a guardare, incredulo.
La stessa pratica si ripeté giorno dopo giorno.
L’uomo non poteva credere ai suoi occhi: una volpe zoppa che veniva nutrita da un leone generoso! Era un miracolo.
«Questo deve essere un messaggio di Dio», pensò.
«Cosa sta cercando di dirmi Dio?»
Si arrovellò su questa domanda per un po’, poi gli fu chiaro:
quando persino una volpe zoppa veniva nutrita da un leone generoso, perché mai lui avrebbe dovuto continuare a correre in città in cerca di cibo?
Sicuramente, Dio voleva che confidasse nel fatto che qualcuno si sarebbe preso cura di lui e si concentrasse su ciò che contava veramente–la sua pratica spirituale.
Così l’uomo cambiò strategia.
Per i tre giorni successivi continuò la sua pratica dell’aum senza muoversi dalla sua posizione.
Arrivato al quarto giorno, era considerevolmente indebolito; al quinto giorno, riusciva a malapena a rimanere cosciente; al settimo giorno, rantolava in fin di vita, in preda agli spasmi della morte.
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Uno yogi passava di lì per caso.
Sentendo questi rumori, trovò l’uomo e chiese:
«Cosa ti è successo? Perché sei in queste condizioni?»
«Perché un messaggio divino è venuto a me; gli ho obbedito, e ora guarda la mia condizione!» gemette l’uomo.
«Quale messaggio divino?»
E così l’uomo raccontò allo yogi tutta la storia della volpe zoppa e del leone generoso. «Dimmi, dunque, yogi», ansimò l’uomo, «era o non era un messaggio divino?»
Lo yogi rispose:
«Sì, certo che era un messaggio divino.
Ma perché hai scelto di imitare la volpe zoppa invece del leone generoso?»
Ecco, questo è esattamente ciò che abbiamo fatto alla nostra comprensione del karma!
Abbiamo sempre avuto una scelta: tra azione inclusiva e volizione paralizzante.
Tra dinamismo intelligente e patetico fatalismo.
Perché, così spesso, scegliamo il secondo?
Quando diciamo «La nostra vita è il nostro karma» significa che la nostra vita è opera nostra. Che libertà incredibile questo implica! Eppure, quante maniere contorte abbiamo trovato per assolverci da questa responsabilità.
Nel momento in cui ti assolvi dalla responsabilità, la tua vita assomiglia a quella della volpe zoppa, anziché a quella del leone generoso.”
Caro amico, o amica,
la storia che hai appena letto, è un racconto di Sadhguru.
A parer mio, probabilmente, non serve commentarlo, perché il suo significato è piuttosto esplicito. Tuttavia, qualche parolina, solo qualche parola, prima di lasciarci, mi piacerebbe scriverla.
Perché, vedi, il punto è che…
…spesso e, anzi, molto spesso, la spiritualità di massa, soprattutto in una delle sue forme più degenerate – ovvero, la spiritualità da social – nei giorni nostri, interpreta i messaggi come l’uomo del racconto:
sceglie di essere la volpe.
E, per questa volta, preferisco non spiegare e non parafrasare queste parole. Lascio a te, mio caro lettore, o lettrice, il piacere di meditarci sù.
Un abbraccio pieno di spiragli di luce
Elvio
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