Scrivere un blog significa tante cose.
Significa raccontare, condividere, riflettere, ma significa anche raccontarsi.
E io, quest’ultima cosa, ultimamente l’ho fatta ben poco.
Forse perché ho sempre sentito una certa resistenza a parlare di me, a raccontare vissuti intimi e personali.
Solo che adesso sto vivendo una transizione importante, troppo importante per essere celata.
Nei primi giorni d’agosto, infatti, ho lasciato la Sicilia.
Ma perché l’ho fatto? Non stavo più bene? Sapevo già dove andare?
Ti prometto che a tutte queste domande proverò…sì, per lo meno…proverò a dare una risposta. Ma per farlo, prima, c’è bisogno del nostro classico passo indietro.
Come sono finito in Sicilia?
Correva l’anno 2016, precisamente era il mese di Agosto, ed ero appena rientrato in Italia dopo sei incredibili mesi passati in Colombia.
Avevo così tanta voglia di tornare a viaggiare che organizzai un viaggio, in Italia, per raccontare storie di persone che avevano cambiato vita.
Mi capitò di raccontare la storia di Fabrizio, che ha mollato tutto per aprire un B&B in un trullo, di intervistare Millo (il celebre street artist) e di incontrare Piero che decise, in seguito a un infarto, di lasciare e aprire, anche lui, un bel B&B in Sicilia.
Ed ecco che, piano piano, inizia a far capolino nella storia la Sicilia.
Mi ritrovai, in pratica, a “circumnavigare” (in moto ?) l’isola, prima la costa orientale, poi quella meridionale e, infine, come ultima tappa, giunsi a Palermo.
Quei giorni nel capoluogo siciliano furono intensi, e molto particolari. Avevo bisogno di autofinanziarmi per proseguire il viaggio…quindi…organizzai degli incontri di meditazione nei parchi.
Quando, infine, partii,
E insomma, un segnale tira l’altro, nella primavera del 2017 decisi di trasferirmi.
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Ma, alla fine, perché ho deciso di andarmene?
Potrei girarci intorno.
Già, potrei e, in effetti, in questi anni – probabilmente – l’ho fatto: ci ho girato intorno e solo sporadicamente ho esternato fino in fondo come stavo.
In Sicilia ci sono stati momenti belli ma, in generale, non posso dire di esser stato bene.
Devi sapere, caro amico o amica, che mi dispiace scriverlo…tuttavia…è quello che sento ?
Forse non è ora il momento di parlarne, non in questo Spiraglio, e non adesso; forse ci vorrebbe un articolo apposta, un racconto a parte, perché l’esperienza è stata a dir poco controversa.
La realtà + che in Sicilia mi sono sentito profondamente solo.
A dispetto di quanto si crede, e della vox populi che pretenderebbe di descrivere i siciliani come “aperti”, dopo quatto anni (e non sono pochi!) devo dire che non è stato per niente facile stringere amicizia, o intessere nuove relazioni. Almeno, per me.
Preciso che non c’è giudizio (né, del resto, potrebbe esservi), in ciò che scrivo, è solo il racconto di un’esperienza.
Anche a livello professionale, ad esser sincero, ho riscontrato molta chiusura. Ho proposto un sacco di collaborazioni e, per lo più, mi sono trovato di fronte a sguardi diffidenti e che trasudavano sospetto. Le parole, non dette eppure esplicite per chi sa ascoltare erano:
“Hey, tu che vieni da fuori, che non sei ‘dei nostri’, ma che ci sei venuto a fare qui? Perché dovremmo fidarci di te?”
Le delusioni, insomma, sono state tante. Dopo aver dato un colpo al cerchio, però, ne devo dare uno anche alla botte. Perché l’esperienza in Sicilia, non è stata tutta un fallimento. Al contrario.
Ci sono state esperienze importanti, e ci sono stati anche alcuni rapporti importanti.
E credo ancora che questa isola, questa terra, abbia tanto da dare. Che abbia grandi potenziali che, prima o poi, si risveglieranno. Questo tempo, probabimente, non è ora, ma prima o poi succederà.
Ah, dimenticavo: la responsabilità è sempre condivisa e…dunque…so che anch’io ho fatto sicuramente la mia parte; nel fatto che le cose sono andate come sono andate…c’è anche…il mio zampino.
Comunque sia, caro mio lettore o lettrice, ho sempre pensato che nessuno di noi è un albero, nessuno di noi è legato a un territorio, a una relazione, a una situazione; il che significa che quando le cose non vanno, possiamo partire.
Ed ecco che, appunto, per me il momento di partire è arrivato.
I bagliori dell’estate
Così, quando è arrivato giugno, sono partito per Ananda.
Ma che cos’è Ananda?
Ananda è una comunità, situata ad Assisi, e dedicata all’opera e agli insegnamenti di Yogananda, che da sempre considero una delle mie guide.
A questo punto, però, ti confiderò una cosa, mio caro amico, o amica: le regole, le restrizioni, le tensioni degli ultimi mesi mi avevano a dir poco frastornato.
Mi sentivo scarico e disorientato, e avevo bisogno di un’esperienza che attivasse nuovamente quella fantastica bussola interiore che – anche quando sembra essere sparita – risiede sempre in ognuno di noi.
Naturalmente, anche dentro di te ?
Non sapevo bene come fare per riattivarla, ma intuivo che muovermi, spostarmi, vivere un’esperienza diversa dalla routine in cui mi ero infilato avrebbe aiutato: è stato questo a spingermi fino ad Ananda.
Ho volato verso Perugia, preso un auto a noleggio, passato una notte nel silenzio di agriturismo sulle colline di Foligno e, giunto il giorno prestabilito, eccomi ad Ananda, in cui ho passato cinque splendidi giorni: meditando, facendo passeggiate nella Natura e conoscendo – finalmente – nuovi amici.
Quando, a luglio, tornai a Palermo, qualcosa era cambiato.
Andare, sì, ma dove?
Salgo nuovamente sull’aereo.
È il 15 luglio 2021.
Torno a Palermo.
Ma perché torno?
Beh, come perché? Torno perché ci vivo!
Perché ho una casa, anzi, una bella casa; piccola, certo, molto piccola, però è tutta di legno e pietra, è graziosa, e poi ho un orto. Anzi, a dire il vero, ho due orti, mi danno da mangiare, mi fanno stare bene, e poi ho i lombrichi…
…sì, dai, prendiamoci una mini pausa dal racconto e apriamo una breve parentesi. Hai capito bene: ho iniziato ad allevare i lombrichi.
Eccomi qui, al maneggio, una delle volte in cui sono andato a caricare il letame ?
Mentre riguardo questa foto, ora che è passato un po’ di tempo, provo un misto di speranza e amarezza.
Penso ai tanti tentativi di far andar bene le cose, a ciò che mi piaceva fare, a ciò che non funzionava, a una pandemia che mi ha colto nel pieno dell’unico momento in cui le cose sembravano aver avuto una svolta positiva…
…ma tutto questo è accaduto. È stato. È il passato.
E, che ci piaccia o no, quando il passato è passato, va lasciato andare.
Ma torniamo al momento del ritorno in Sicilia ?
Che le cose fossero cambiate, al mio rientro, era ormai chiaro.
Hai presente quando provi quella sensazione, un po’ nella della pancia, un po’ del petto, che non sapresti definire bene però…in fondo…sai che c’è e non puoi far finta che non ci sia?
Non potevo più prendermi in giro.
Sì, è vero, a livello spirituale – si dice – tutto è perfetto. È così come è.
In pratica, però, una pianta la puoi mettere nela terra arida, sterile, e vederla deperire. Oppure la puoi mettere nella terra buona, fertile, e vederla prosperare.
Ecco che non potevo fare a meno di chiedermi:
…quale pianta volevo essere? Quella che prospera e dà frutti, o quella che deperisce fino ad appassire?
In quel momento ho sentito che, per tornare a germogliare, come quando vivevo a Bologna, come quando viaggiavo in Colombia, come quando raccontavo storie di cambiamento in giro per l’Italia, dovevo lasciar andare ciò che non stava fluendo e cambiare qualcosa.
Sì, ma dove sarei andato?
In quella rovente Sicilia di fine Luglio, a dire il vero, non ne avevo idea.
Però, un’idea c’era: cambiare qualcosa. Iniziare a muovermi. A compiere il primo passo.
I Miracoli Accadono
Curare l’anima attraverso il ricordo delle vite passate
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Non so se potrai rispecchiarti, almeno in parte, in quello che sto raccontando. Capita a tanti di voler cambiare qualcosa: il lavoro, la casa, la relazione, la città in cui vivi, il paese…o anche…qualche aspetto interiore.
Ci sono casi in cui conosci la destinazione. Beh, in quei casi, devi solo metterti in cammino. Ci sono casi, invece, come quello in cui mi trovavo, in cui la destinazione non la conoscevo.
E sai cosa mi torna in mente? Esattamente queste parole di Eugenio Montale:
«Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.»
Quando non hai idea dei “mondi” che potrebbero “aprirsi”, puoi comunque partire da ciò che non sei, e da quello che non vuoi.
In quel momento la mia vita a Palermo stava finendo, era qualcosa che non volevo, una situazione che non mi corrispondeva più.
Ed ecco che, una volta rientrato, mi ritrovai a parlare con Alessandra. Neppure lei, in quel momento, stava vivendo un periodo facile. Ci guardavano negli occhi, in silenzio, consapevoli di non avere soluzioni da offrirci a vicenda.
Una certezza, però, l’abbiamo avuta.
Siamo stati sicuri che, sulla scacchiera della vita, bisognava muovere qualche pezzo. E “muovere qualche pezzo”, in questo caso, significava partire.
“Hey, aspetta un attimo…ma…e chi sarebbe Alessandra?
Alessandra è la mia ex compagna. La nostra storia finì un anno fa; la nostra amicizia, invece, non è mai finita.
E la riprova, se mai ce ne fosse bisogno (ma no, ti assicuro che non ce n’è bisogno) è arrivata quando si offrì, senza che glielo chiedessi di accompagnarmi nel viaggio.
Insomma, saremo partiti insieme.
Destinazione? La mia terra natale, ovvero, il nord della Toscana. Una meta provvisoria ma, appunto, intanto l’importante era mettersi in movimento.
Una piccola transizione, all’interno di una grande trasformazione
Non potrei finire questo Spiraglio senza accennare a un punto fondamentale.
Tutto quello che stiamo vivendo, da due anni a questa parte, ci sta cambiando – come umanità – in modo indelebile.
Ognuno sta vivendo a modo suo il cambiamento: chi con paura, chi con incertezza, chi con rabbia, chi non ci capisce nulla, chi prova a far finta di niente, chi cerca soluzioni e chi si adopera per creare qualcosa di nuovo.
Nelle certezze, che non possiedo, su cosa accade e accadrà, inserirei sicuramente la parola nuovo.
Se esiste un modo per rispondere a ciò che accade, un modo che vada in direzione della prosperità, del benessere, del futuro, questo coincide sicuramente con la costruzione di qualcosa di nuovo, col mettere in discussione il mondo – ben poco etico e ben poco sostenibile – a cui eravamo abituati.
Dunque – anche se non conoscevamo la meta – e anche se ne avevamo scelta una provvisoria (la Toscana), sapevamo che il viaggio aveva bisogno di un ingrediente e che questo poteva coincidere, appunto, con la ricerca di soluzioni, di alternative agli stili di vita tradizionali già sperimentati e, ahimé, dei quali non possiamo più avere certezza.
Perché – ci siamo detti – non cogliere l’occasione di questo viaggio, per conoscere luoghi in cui si sperimentino nuove dimensioni del vivere?
Abbiamo fatto il nostro tentativo, e siamo andati a conoscere alcuni ecovillaggi e, soprattutto, abbiamo conosciuto le persone che ci vivono.
L’abbiamo fatto davvero?
Sì, e lo scatto di una di queste visite lo puoi vedere qui:
Ma questa, come si suol dire, è un’altra storia e te la racconterò nella prossima puntata.
Non dimenticare, quindi, di tornare sul blog ?
Un abbraccio grande e…appuntamento al prossimo Spiraglio!
Elvio
FINE DELLA PRIMA PUNTATA
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? Ah, dimenticavo! ?Se vuoi sapere di più sulle storie di Millo e Fabrizio, che ho citato prima, puoi proseguire la letture qui
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Ciao Elvio, mi piacerebbe capire cosa ti ha spinto a lasciare la Sicilia… Magari con un altro articolo. Elsa.
Grazie Elsa,
cercherò di parlarne in futuro! ?