Caro lettore e cara lettrice,
in questo Spiraglio ti vorrei parlare di una sindrome molto particolare. Anche se essa, ufficialmente, non ha un nome, io la chiamo sindrome da credito nei confronti della vita.
Per entrare nell’argomento, prendiamo ad esempio le seguenti frasi:
“Aspettavo che mi scrivessi, ma non l’hai fatto”
“Avresti potuto chiamarmi, invece non ti sei fatta sentire!”
Quante volte hai sentito pronunciare cose come queste?
Tante, vero? C’è chi le ripete da tutta una vita, convinto sul serio che ad essere in difetto siano – perennemente – gli altri.
Il compito di farsi sentire, chiamare, o proporre, sembra essere appannaggio del prossimo, ma mai di loro stessi.
Ma che senso ha? – verrebbe da dire – Le persone non sono, forse, tutte sullo stesso piano?
In teoria sì, in pratica, no.
Perché chi si ritrova fra le grinfie di questa sindrome finisce per percepirsi su un piano diverso dagli altri.
Come nasce la Sindrome
Essa origina, solitamente, in un trauma o in un conflitto vissuto durante l’infanzia che, non risolto, prende la forma di un credito che la persona sente di poter esigere dagli altri, con lo scopo di compensare il torto in precedenza subito.
E questo genera un bel problema.
In primis, perché ci si trascina dietro ciò che, invece, sarebbe saggio lasciare andare.
In secondo luogo, perché si esige la “”restituzione del credito” da chi non ha nulla a che fare con la ferita originaria.
Chi è afflitto dalla sindrome da credito, tende solitamente a vivere relazioni di questo tipo:
? da un lato, si circonda di persone dipendenti e fragili, pronti a compiacerlo e a fare di tutto per lui (o lei) senza però mai riuscire a soddisfare la sua sete
? dall’altro, vive nella convinzione di venir costantemente deluso o tradito dagli altri, per la loro tendenza ad allontanarsi da lui.
Tale allontanamento, in realtà, nasce dal fatto che questi si sentiranno “incastrati” dalle sue continue richieste di restituzione.
Solo che lui non lo sa!
Egli è, infatti, veramente convinto del fatto che gli altri gli siano debitori!
Ma accade solo con messaggi, telefonate, richieste di attenzione?
Il rapporto col Denaro
L’affetto da Sindrome del Credito è spesso insofferente quando si tratta di spendere o retribuire gli altri per il proprio lavoro.
Dal suo punto di vista, non fa una piega: se lui possiede un credito, perché mai dovrebbe pagare?
Ecco che lo troviamo, allora, a chiedere sconti o agevolazioni quando non, talvolta, dichiarare con grande nonchalance che il tale prodotto “dovrebbe essere gratis“.
Ai concerti farà di tutto per entrare senza biglietto, sui social commenterà gli eventi sostenendo che “avrebbero dovuto renderli gratuiti” e se viaggia riterrà normale essere ospitato o invitato a cena.
In generale, si stupirà del fatto che le cose abbiano un prezzo e si indignerà per il fatto che il lavoro altrui vada retribuito.
Già, il problema è, per l’appunto, il lavoro altrui.
Perché quando tocca a lui (o lei) fare la propria parte, il metro di giudizio cambia: la mancia non si lascia, le offerte libere sì, ma solo a patto di lasciare pochi spiccioli; sul lavoro, si fa il minino indispensabile, e si scaricano sui colleghi le mansioni più impegnative.
Il quadro sembra impietoso, lo so. Eppure, non devi cadere nell’errore di pensare che queste persone siano “malvagie”, tutt’altro!
Esse sono, semplicemente, vittime dell’inconsapevolezza, cioè, non si rendono conto della disfunzionalità di tali comportamenti e, talvolta, non sono consapevoli neppure dei comportamenti stessi.
Perché, dietro, lo ricordo, c’è una ferita e la buona notizia è che ogni ferita può essere guarita. Ci arriviamo fra un attimo perché dobbiamo ancora parlare del…
…trattamento speciale!
Proprio così. Chi vive con questa sindrome ritiene, un po’ in ogni situazione, di aver diritto a un trattamento speciale.
Se si trova in fila, cerca di saltarla. Ma attenzione a farglielo notare, perché potrebbe andare su tutte le furie. Ma perché? Forse non conosce le regole di una società civile?
Le conosce eccome, ma ritiene che nel suo caso, si potrebbe fare un’eccezione: la ferita che ha subito, infatti, esige una compensazione continua che assume tantissime forme, tra cui – perché no? – anche quello di saltare una fila.
Altra caratteristica tipica è il ritardo.
Forti del credito che sentono di avere, e del diritto al trattamento speciale che ne consegue, raramente arriveranno in orario. E come nel caso precedente, diventeranno furiosi o disorientati se qualcuno glielo fa notare.
Insomma, ritengono, in generale, di aver diritto a un trattamento d’eccezione: posto centrale al cinema, prima fila al mare, tavolo più bello al ristorante…a cui saranno serviti prima degli altri, ecc. ecc.
Chi vive con la sensazione del diritto al credito, in definitiva, pur senza saperlo, tende a mettere in croce il prossimo e, ovviamente, anche se stesso.
C’è qualcosa che si può fare?
Certamente: la prima cosa che puoi fare, è evitare di pensare che questo non ti riguardi.
Proprio così, mio caro lettore.
Dato che tutti, sebbene in misura diversa, abbiamo un qualche tipo di ferita, tutti siamo, in parte, affetti dalla sindrome da credito nei confronti della vita: cambia solo il quanto e il come.
La seconda cosa che puoi fare è, dunque, osservarti con presenza e indagare quando metti in atto una delle situazioni descritte qui sopra: potresti fare delle scoperte.
Leggi anche: “Il ricordo di sé – un potente esercizio di presenza”
E quando sono gli altri a comportarsi così con noi?
La terza cosa da fare, in questo caso, è – ancora una volta – osservare te stesso, non nella situazione specifica, bensì nel complesso della tua vita, e chiederti usando la Legge dello Specchio come e in che misura ciò che osservi corrisponde a una parte di te.
Sì, ma con gli altri che facciamo?
La quarta, e ultima, cosa che puoi fare, è guardare a chi mette in atto un atteggiamento da “possessore di credito” con grande compassione.
Dietro all’atteggiamento antipatico di chi pretende, esige, sgomita, accusa, non si nasconde altro che un’anima ferita.
È una situazione complessa, lo so.
Chi vive a credito, infatti, non è consapevole delle ragioni per cui si comporta così, e crede di avere per davvero diritto a ottenere ciò che pretende.
Lui, però, non sa di avere una ferita, ma tu sì.
Agisci, dunque, partendo dal presupposto che, se cogli un aspetto sensibile che lo riguarda, ne puoi avere cura.
Questo non significa, naturalmente, che dovrai farlo passare avanti, accettare i ritardi o lavorare gratis, però, ne sono certo, potrai trovare un modo per salvaguardare la tua dignità, ma senza ferirlo ulteriormente.
Anche perché, te lo ricordo per l’ultima volta, ci saranno situazioni in cui l’affetto da sindrome sarai tu, e con tutta probabilità non ti accorgerai di esserlo.
Chissà, allora, che non sia proprio questo atteggiamento, messo in atto da ambo le parti, a sanare la ferita di entrambi.
È una bella sfida?
Certo, amico lettore o lettrice, bellissima! Buona sfida!
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