Hai presente, mio caro lettore, o lettrice, quando i bambini allargano le braccia più che possono per simboleggiare quanto ci vogliono bene?
È un gioco che, quando le mie nipotine erano piccole, produceva sempre lo stesso risultato:
Quanto gli vuoi bene allo zio? Eh? Quanto? ?
E loro, allargando le braccia più che potevano, esclamavano: “tanto così!“
Ecco, oggi vorrei farti riflettere sul fatto che questo gesto, tanto semplice, innocente e spontaneo, a mio avviso, racchiude un significato, per niente banale.
A prima vista, infatti, il gesto sembra piccolo e finito: anche se spiegate a più non posso, infatti, le braccia dei piccini coprono un piccolo spazio; eppure, per loro è molto grande: se ci rifletti bene, è il loro massimo. Ti stanno dicendo, in quel modo, che ti vogliono bene più che possono e che se le braccia fossero più lunghe, te ne vorrebbero ancora di più.
Ed ecco che non abbiamo ancora finito di trovare un primo significato, che l’ultima frase che hai letto, proprio qui sopra, già ci conduce al secondo.
In effetti, se la osservi bene, sembra esprimere un’idea che tanti adulti, ahimè, finiscono per dimenticare.
In quell’apertura che sembra protesa fino al limite, sino all’ultimo millimetro di estensione, sembrano a tutti gli effetti esprimere proprio quel concetto, assolutamente magico, che corrisponde al nome di oltre.
“Oltre la fine delle mie braccia” – sembrano dire – “l’amore e l’affetto potrebbero anche proseguire“.
Esiste, però, anche un altro modo cronologico di interpretare il concetto di oltre e, in questo caso, il gesto assume la forma di una promessa.
“Hey, zio” – “hey mamma” – “hey papà”…sembrano dirci…guarda che non appena le mie braccia, aperte, riempiranno un arco più grande, ti amerò ancora di più!
Ma ecco che, ancora, e proprio come prima, anche quest’ultima proposizione, nel suo essere sibillina e nei suoi sottintesi, sembra proprio volerci suggerire un quarto significato.
Sì, forse ancora più difficile da comprendere, e temo proprio che alcuni di voi, miei cari lettori, rischiate seriamente di scordare anche questo!
Ha a che fare col concetto di limite. Inteso, naturalmente, come limite positivo.
I bambini, pur senza escludere la possibilità teorica dell’oltre di cui abbiamo appena parlato, sembrano dirci al contempo: però, caro adulto, devi prendere atto che le mie braccia, più di così, adesso – anche volendo – non si aprono!
Dunque, posso amarti fino qui, per adesso.
Ecco il limite, ecco una sfida per l’accettazione.
Per esser amato di più, dovrai aver pazienza, saper aspettare. Più di così, per adesso, non ti può dare. Se forzato a farlo, e nessuno lo vorrebbe mai, finirebbe per farsi male. Insomma, il limite positivo è quello. Non si può far altro che accettarlo.
Accettare che gli altri abbiano i loro tempi, e i loro modi, per amare. E che, quasi sempre, quei tempi e quei modi che ti danno nel presente, sono il massimo che possono darti.
Una lezione, caro lettore, o cara lettrice, che tanti adulti tendono a dimenticare, e che i bambini, con questo gesto infinitamente saggio, ci ricordano e ci aiutano a mettere in pratica.
Questo è il nuovo Spiraglio della settimana, caro amico mio, e adesso ti saluto, naturalmente, con le braccia distese a più non posso.
Se queste parole ti hanno risuonato, naturalmente, sentiti libero di condividerle.
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