Il tempo non guarisce tutte le ferite. È così che andrebbe corretto il famoso detto, perché il tempo che scorre, da solo, non ha il potere di guarire la ferita. Come vedremo in questo post, a volte può finire persino per aggravarla
“Il tempo guarisce tutte le ferite”. Quante volte l’hai sentito dire? Hai ascoltato questa frase e ti è sembrata vera, perché in effetti il tempo fa accadere una cosa in apparenza simile alla guarigione, eppure al contempo profondamente diversa.
E uso la parola “profondamente“, non a caso. Perché ciò che provoca il tempo, in realtà, è semplicemente di spingere il dolore verso il basso, in profondità: non più visibile a occhio nudo, esso è un vero e proprio magma emozionale, che può esplodere e riemergere in superficie, quando meno ce lo aspettiamo.
Il parallelo tra la ferita fisica e quella emozionale
Nel suo bellissimo libro “Trattato di Alchimia delle Emozioni” il medico e alchimista Gianpaolo Giacomini, fa un parallelo tra la ferita fisica e quella emozionale.
Che cosa accade quando ti ferisci?
I lembi di pelle si aprono, si separano e subito dopo esce il sangue. Appare il dolore, la zona diventa rossa (e sensibile) e perde la sua funzionalità: se la ferita è ad una gamba, si farà fatica a camminare.
E a livello emozionale?
Le analogie sono impressionanti. Proprio come nei lembi di pelle, in noi avviene una separazione interiore: espressioni quali “ho il cuore in frantumi” – “mi sento a pezzi” o “mi hai spezzato il cuore”, sono fatalmente rivelatrici.
Se il dolore viene espresso si piange, il che analogicamente corrisponde alla fuoriuscita del sangue: ancora un altro liquido, corrispondente all’elemento Acqua, che a livello alchemico simboleggia, appunto, le emozioni.
Si diviene poi sensibili (basta che ci parlino del trauma che abbiamo vissuto perché la ferita si risvegli…), è presente il dolore e si perde pure la funzionalità emozionale corrispondente: è il caso delle persone che, una volta tradite, non riescono più a fidarsi.
Se la ferita fisica, alla gamba, impedisce di camminare, quella emozionale, amorosa, impedisce di amare.
Il tempo non cura tutte le ferite nella misura in cui il tempo, da solo, non cura la ferita alla gamba. Per guarire bisogna curarsi.
Il tempo non solo non cura la ferita, spesso la aggrava
Non è forse vero che quando una data situazione ti ha fatto soffrire è bastato un ricordo, un sogno, a volte persino il solo tornare in un luogo o ascoltare una canzone per risvegliare all’istante quelle sensazioni di dolore che pensavi ormai scomparse per sempre?
Il tempo non guarisce la ferita, ma semplicemente, muta la sua forma. La spinge verso il basso, dove non si vede, e le permette di agire in silenzio, attraverso varie maschere.
Comprendiamolo con un esempio: un ragazzo soffre per essere stato lasciato, e dopo alcune settimane scopre che la sua ex, che ha aspettato soli pochi giorni per iniziare una nuova relazione, lo tradiva già quando stavano insieme.
Il nostro ragazzo, smaltito il dolore iniziale, diventa freddo, scaltro e insensibile: frequenta altre donne ma lo fa ora per interesse personale: non si innamora e, magari, finisce per tradirle lui stesso, tramutandosi da vittima in carnefice.
La ferita non è affatto guarita: ha cambiato perniciosamente forma ed agisce dal profondo dell’inconscio.
Una persona ferita, se non si cura, ne può ferire tantissime altre. Se vogliamo guarire la nostra società, e migliorare il mondo, dobbiamo procedere ad affrontare innanzitutto le nostre ferite, a viso aperto. Mantenendo saldo il principio che il tempo non guarisce tutte le ferite. Anzi, le radica e le aggrava.
Una persona ferita o fa del male agli altri o lo fa a se stesso, creando da solo le condizioni per la propria infelicità. E per costruire un mondo migliore, una società migliore, c’è bisogno di persone capaci e sane, pronte ad accettare la propria luminosità, ad accogliere la Gioia.
Libero arbitrio o ferita da guarire?
Una ferita non guarita assume il comando della vita di una persona.
Se chiedi il perché di certe azioni ad una persona ferita (ed inconsapevole di esserlo) ti dirà che ha scelto di fare così volontariamente. Ma non è del tutto vero. È la ferita che opera le scelte.
Una volta conobbi una ragazza che stabiliva relazioni con uomini molto più anziani di lei; aveva perso il padre da piccola. Il percorso terapeutico che seguiva aveva già evidenziato come, in realtà, questa relazioni fossero mosse dalla ricerca inconscia di una figura paterna (cercava di sostituire così il padre che non aveva avuto), eppure il suo istinto era troppo forte: la ferita sceglieva al posto suo.
C’è chi, non amato dai genitori, conduce una vita alla ricerca spasmodica della realizzazione di obiettivi nel disperato tentativo di dimostrare il proprio valore, chi “bullizzato” a scuola diviene a sua volta bullo o vittima di altre violenze e così via. Al timone della vita non c’è il libero arbitrio, bensì la ferita che, viva e vegeta, condiziona scelte e comportamenti.
Ecco perché, lo ripeto, il tempo non guarisce tutte le ferite, anzi, più aspetterai ad affrontarle, più esse si radicheranno in te, acquisendo potere.
Come guarire una ferita emotiva?
Mio caro lettore, non basterebbe un intero libro per rispondere a questa domanda. Provo però, intanto, a dare qui sul blog qualche suggestione in merito.
In Trattato di Alchimia delle Emozioni l’autore esprime un’idea interessante, che divide secondo gli archetipi astrologici (c’è la ferita di Mercurio, di Marte, e così via): ogni ferita può essere trasformata in un talento.
E questa è una visione squisitamente alchemica: dove c’è una ferita, si nasconde un potenziale inesplorato, proprio come dietro ogni crisi si nasconde un’opportunità. Chi meglio di un ferito chi può comprendere chi, a sua volta, ha subito delle ferite?
Ogni persona ferita è un potenziale guaritore. A patto, ovviamente, che egli, per primo, abbia lavorato sulla propria guarigione la propria ferita e, come già detto, facendolo senza attendere troppo, dato che…il tempo non guarisce tutte le ferite…
Ed ora ti voglio parlare del kintsugi giapponese, ma prima ti chiedo solo un istante del tuo tempo: se il post ti piace, dai un like sulla nostra pagina Facebook, ci aiuti a crescere e rimani aggiornato sui nostri prossimi post 🙂
Kintsugi, le “cicatrici d’oro” giapponesi
C’è una splendida pratica giapponese, chiamata kintsugi, che ci fornisce un’analogia sorprendente con quanto afferma Giacomini in Trattato di Alchimia delle Emozioni, il fatto che le ferite divengano talenti.
Quando un vaso in ceramica si rompe, viene ricomposto e riparato con l’oro, perché si pensa che un vaso così rotto acquisti un valore ancora più grande di uno nuovo. L’oro valorizza le “ferite” del vaso, rendendolo prezioso.
La nostra società occidentale guarda con timore e vergogna alle ferite; quando queste ci sono, in qualche modo vanno nascoste: non a caso è la società dello psicofarmaco (ma, più in generale, del farmaco) sempre pronta a rimuovere la manifestazione esteriore del fenomeno, per non mettere mano alle cause interiori di esso.
Il kintsugi opera secondo un principio simbolico opposto: le ferite vengono mostrate con orgoglio e rese preziose dall’oro, esattamente come la ferita emozionale, una volta riconosciuta, diventa il talento di chi la possiede.
Il tempo non guarisce tutte le ferite
Togliamo di mezzo la credenza che il tempo, da solo, basti a curare le ferite. Permettiamoci di vivere la ferita, quando essa appare, senza reprimerla né soffocarla. Troviamo in noi stessi il coraggio di affrontarla e farla emergere.
Che si scelga un percorso psicoterapeutico, sciamanico o alchemico, poco importa: ognuno troverà il suo. Ed è importante trovare una via di guarigione, perché, come abbiamo visto, se non lo facciamo la ferita continuerà ad agire, dirigendo la vita dove vuole lei, e non dove vuoi tu.
La ferita è un grande fardello che ostacola il tuo risveglio spirituale. Se liberi il tuo spazio interiore dalle ferite, enormi ed inaspettate opportunità arriveranno “come per magia” nella tua vita.
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Soffrire per Amore: perché accade
Albero genealogico: come guarirlo attraverso la metagenealogia
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