La maggio parte delle persone, quando ascoltando l’espressione zona di comfort pensano automaticamente a qualcosa di confortevole. Del resto, lo dice la parola stessa no? Se si tratta di una zona di comfort significa che sarà una zona (quindi un’area della vita) comoda e sicura.
In realtà, le cose non stanno sempre così.
Esiste anche il lato oscuro, della zona di comfort. E in questo spiraglio lo andremo a scoprire insieme, per comprendere anche come difenderci da esso.
La confortevole zona di comfort
Molto spesso la zona di comfort è appunto, confortevole.
Per capirci, quella vita ordinata, in cui hai una relazione stabile, una situazione di vita totalmente accettata dalla società, fai un lavoro ritenuto rispettabile quando non prestigioso ed hai abitudini consolidate nel tempo che ti permettono di programmare la tua vita con sufficiente anticipo e tranquillità.
La partita di tennis il martedì sera, il calcetto il giovedì, la cena coi parenti e poi si gioca a carte, l’uscita con le amiche il giorno fisso, ecc. tutto questo rientra nella zona di comfort di nome e di fatto, ovvero, dove l’ordine con cui scorre la nostra vita sembra essere apparentemente innocuo.
Perché dico apparentemente? Perché, in effetti, sotto questo strato superficiale di serenità, potrebbero nascondersi autentiche tempeste interiori.
Ma questo argomento lo approfondiremo in un prossimo spiraglio, perché ora voglio parlarti invece del lato oscuro della zona di comfort.
“Hey Elvio aspetta, mi è rimasto un dubbio…”
Hai ragione, non è bene accennare un argomento e lasciarlo a metà.
Quali sono le tempeste interiori a cui facevo riferimento? Ti posso dire questo, intanto: che nella zona di comfort siamo protetti dalle insidie, ma lo siamo anche dalle sfide e, in generale, da tutto ciò che è nuovo.
Ecco perché, in ogni caso, qualsiasi sia la situazione di vita, e per quanto stabili e voluti siano i pilastri che la reggono, sarebbe bene ogni tanto esplorare nuovi territori.
Si tratta di mettersi in discussione, senza timori, senza paure, e vedere se il nuovo può essere integrato nella nostra vita.
Molto spesso, infatti, miriadi di opportunità si nascondono proprio lì, a pochi passi da te, sepolti dalla spessa cortina della tua zona di comfort.
Ti prometto che arriverà in futuro uno spiraglio solo su questo argomento. E se non lo pubblico, lasciami un commento per ricordarmelo.
E adesso, andiamo a conoscere lui, il temibile lato oscuro.
Il lato oscuro della zona di comfort
Un po’ di tempo fa stavo ascoltando un amico, che mi parlava della sua situazione disastrata.
Si trova ormai da anni in mezzo a situazioni precarie, persone che lo abbandonano, progetti iniziati a poi lasciati a metà, il tutto condito con debiti e una buona dose di precarietà economica.
Ad un certo punto gli ho fatto notare che l’unica soluzione era abbandonare la zona di comfort.
“Ma io non sono assolutamente nella zona di comfort, tutto il contrario” – protestò. E invece no, mio caro. Tu sei proprio nella tua zona di comfort, ci sei dentro fino al collo. E fai di tutto per non uscirne.
Non esiste, infatti, solo la zona confortevole, di cui abbiamo parlato prima, ma anche una zona oscura. In questa seconda zona, ci si abitua alla disarmonia ed alla sofferenza. Ci si abitua così tanto che ad un certo punto diventa quasi irrinunciabile il viverci dentro.
Quando ti abitui a stare male per anni, quella diventa la tua situazione abituale.
Per quanto possa sembrare paradossale, può accadere che ti “affezioni” al tuo malessere. Ti affezioni alle tragedie che ti sono capitate, ai torti che ti sono stati fatti, ti identifichi con il ruolo della vittima. La vittima, infatti, potrà sempre godere di una certa dose di compassione e solidarietà altrui.
Se entri in un bar e affermi “oggi sto bene, ho appena trattato male il mio ragazzo, l’ho fatto sentire un verme”, probabilmente verrai allontanata senza tanti complimenti. Ma se, entrando dici invece: “oggi mi sento male, il mio ragazzo si è comportato male con me, al punto da farmi sentire una nullità”, immediatamente almeno uno dei presenti ti dirà una parola di conforto.
Da lì a far diventare questa affezione cronica, il passo è breve.
Ti ricordo, tra l’altro, che la parola “affezione” significa in modo generico affetto verso qualcuno o qualcosa, ma l’altro suo significato è quello di patologia. Diventare “affezionati” alla nostra zona di comfort “ombra”, può diventare una vera e propria malattia
Perché accade?
Ci sono due parole, molto simili tra loro, che secondo me spiegano il perché succede, sono l’adattamento e l’attaccamento.
L’essere umano possiede una grande virtù: quella di sapersi adattare alle situazioni.
Quando accade qualcosa di brutto nella vita, all’inizio il dolore sembra insopportabile, ma a poco a poco lo spirito di adattamento alla nuova condizione prevale, e si riesce a vivere lo stesso. È una buona cosa, ma fino ad un certo punto. La spinta principale, infatti, deve essere sempre quella ad uscire dalla situazione tossica, e rimettersi in un sentiero di luce. Se questo non succede, l’adattamento può trasformasi da virtù in condanna.
E poi c’è l’attaccamento, che significa che, letteralmente, che mi attacco alla situazione disarmonica che vivo, e non la lascio più andare.
Non so se hai visto il film (o letto il libro) Conversazioni con Dio: quando Neale, il protagonista, si ritrova a vivere tra i clochard, si può notare come alcuni di essi vadano orgogliosi della propria condizione, la scena culmine di ciò è quando uno dei suoi compagni, ubriaco, inciampa sul tavolo in cui Neale è seduto, mandandogli quasi a monte il suo nuovo impiego, quello che l’avrebbe trascinato fuori da quel mondo….quasi come se volesse “trattenerlo” in tal modo nel mondo dei barboni.
Attenzione quindi ad adattarsi né attaccarsi al lato oscuro della zona di comfort: più lo fai, meno possibilità avrai di uscirne.
Come uscire dal lato oscuro
Riconoscendo, innanzitutto, che per quanto oscura, è una zona di comfort.
Per quanto sembri assurdo, quando ti trovi in una situazione potenzialmente tossica potresti avere paura ad uscirne per tornare ad una vita più equilibrata.
Questo è anche il motivo per cui Charles Bukowski è stato tanto amato. Le sue descrizioni sentimentali di una vita immersi nell’alcol, in lavori precari, in corse di cavalli e relazioni difficili, sono estremamente consolatorie per chi si trova in una situazione simile. Pure per me nei miei anni universitari, era una specie di idolo.
Poi, però, ho compreso che in quel tipo di vita, non c’era assolutamente la poesia che lui era capace di creare nei suoi libri. Si, perché per lui, per Bukowski, era possibile spremere quelle situazioni fino ad estrarre qualcosa di poetico, ma per me, no. Per me, quel genere di situazioni a lungo andare risultavano solamente nemiche della mia salute e del mio sviluppo. E sentivo, appunto, il timore di una vita più ordinata, più positiva. Nei meandri del disagio, avevo trovato il mio lato oscuro del comfort.
Quando ho identificato con chiarezza, che non ne avevo bisogno, si è dipanato di fronte a me lo spiraglio di luce che tutt’ora mi guida nel cammino della vita.
E questo è tutto, mio caro lettore e mia cara lettrice. Prima di salutarci, solo una domanda: sei già entrato o entrata a far parte della Community di Spiragli di Luce?
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E dato che suggerisco sempre almeno uno spiraglio collegato con quello che pubblico, il mio consiglio di oggi va su questo: Vuoi realizzare i tuoi sogni? Smetti di dire che “è difficile”.
Grazie per esser stato qui e arrivederci al prossimo spiraglio.
Interessante post.
Ti dico Elvio che io ho sempre pensato di me che la mia vita “confort” è perfetta, è il mio rifugio la mia sicurezza, la mia forza, ma sono sempre stata quella che ha cercato anche altrove proprio per non veder languire la creatività, l’anima, la vita che ho dentro.
Grazie per i tuoi sempre riflessivi argomenti.