Vi scrivo dalla Colombia per riflettere su un fatto: ormai amare l’Italia sembra sia diventata una specie di eresia…quando invece…non dovrebbe affatto essere così. E, forse, bisogna vedere le cose da fuori per comprendere il perché.
Caro lettore e cara lettrice, ho deciso di scrivere un post per spiegare le ragioni per cui possiamo amare l’Italia, ed anche per dichiarare il mio, personale, amore per questo paese, questo gigantesco essere che ci ospita.
Perché dico che il paese “merita” di essere amato? Per spiegare cosa intendo, farò un parallelo con l’auto-stima.
Hai presente quando si dice che per riuscire in qualcosa bisogna innanzitutto crederci o che per per essere amati dobbiamo prima amare noi stessi? Lo stesso identico principio vale per l’Italia.
Pensa ad essa come una bella ragazza: come credi che vivrebbe se fosse subissata da critiche continue e feroci? Come pensi che si comporterebbe sentendosi sempre dire che “non cambierà mai” che con lei “non c’è possibilità di futuro” e quant’altro?
È probabile che questa adorabile ragazza, bella, colta e con un grande senso dell’arte… potrebbe iniziare a vedersi brutta, magari stupida e a comportarsi di conseguenza. Ed ecco il primo punto che voglio dimostrare e cioè che…
Parlare male dell’Italia è controproducente per LEI e per NOI
Riflettiamoci bene: chi è l’Italia?
Sono i politici? È un’entità astratta? O, forse, siamo tutti noi? Io credo che l’Italia siamo noi. Se critichiamo lei, critichiamo noi stessi.
Ognuno di noi è un pezzettino di Italia.
L’atteggiamento italiano è quello di criticare gli altri e considerare sé stesso esente da responsabilità; ma è ovvio che, se l’Italia va male, in una qualche misura noi tutti c’entriamo. “Ma no, sono stati i politici!” No, scusami, non sono d’accordo. Sono stati anche i politici. Ma non sono i politici a gettare la spazzatura ai bordi delle strade, né a fare polemica per ogni minima cosa, creando un clima di tensione cronica. E, se anche fosse, chi ha votato i politici?
Diceva Fabrizio de André: “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.
Il paese di Pitigliano, Toscana
“Siamo in Italia!”
Sentire pronunciare queste parole dal paese in cui mi trovo, in cui l’Italia è vista come un eldorado fa veramente ridere.
“Siamo in Italia” è sinonimo di: qualcosa non va come dovrebbe.
Attenzione, con tutto questo non voglio certo dire che il nostro paese non abbia problemi, ma io credo che questa disillusione cronica unita alla critica continua sia uno dei fattori scatenanti del problema. Concentrarsi sul problema, ingigantisce il problema. Dire che “siamo in Italia” intendendo che c’è qualcosa che non va, non risolve nulla e crea un clima difficile per il cambiamento.
Se vogliamo cambiare, dobbiamo credere nel nostro paese. Dobbiamo tornare ad amare l’Italia.
Il paragone con l’estero
Negli ultimi tre anni della mia vita ho passato un anno e mezzo in sud America. Ê stata proprio l’esperienza fuori che mi ha insegnato ad amare l’Italia. E mi sento di avere un po’ di voce in capitolo su questo punto.
L’italiano ha una grande propensione a paragonarsi con l’estero.
Il punto però, è che con “estero” (cito il dizionario) si intende: ciò che sta fuori dai confini dello stato. Leggo da Wikipedia che nel mondo ci sono 196 stati. Togliamo l’Italia, sono 195.
Come mai allora il paragone si fa sempre con la Francia, Inghilterra o Germania?
I templi greco-romani dell’area archeologica di Paestum
“…se fossimo in Francia…”
Già, se fossimo lì. Ma “lì” dove?
“Lì” dove accadono le belle cose raccontate dai giornali, le meravigliose opportunità di lavoro e i diritti sociali o “lì” nelle periferie di Parigi incendiate dall’odio razziale e macchiate dalla segregazione che ci ha raccontato il film “L’odio”?
Seconda riflessione: va ormai molto di moda pubblicare storie di italiani di successo all’estero. Io stesso ho avuto un intervista dovuta a questo motivo, dove raccontavo la mia prima esperienza in Colombia nel bel blog “Viaggiare da Soli” (se vuoi leggerla: Elvio, in Colombia, ha trovato il suo equilibrio).
Ricordo poila storia del neuro chirurgo più giovane d’Inghilterra, Pier Luigi Vergara, italiano.
“Ce l’ha fatta”. Okay.
Ma quanti ragazzi italiani fanno i camerieri o i lavapiatti nei ristoranti delle periferie di Londra? Sarà così bello? Con tutto il rispetto per queste esperienze, credi che sia meglio lavare i piatti in qualche sobborgo o fare lo stesso a Montepulciano o a Sorrento?
Gli altri 195 paesi
Dicevo poco fa di aver vissuto un anno e mezzo qui in sud America, la maggior parte del tempo in Colombia, chi segue il blog avrà letto i miei racconti…
Come mai quando parliamo dell’Italia non ci paragoniamo con l’India? Col Bangladesh? E perché non con l’Angola, il Perù o lo Zimbabwe? In fondo, anche questi sono stati come lo sono la Francia o l’Inghilterra.
Lo sai che in Colombia scuola, università ed ospedali sono praticamente tutti privati?
Chi ha i soldi si può iscrivere alla prestigiosa Pontificia Universidad Javeriana o alla rinomata Universidad de los Andes, chi non li ha può invece tentare di entrare in una università pubblica… attenzione però: queste sono poche e rigorosamente a numero chiuso. Pochi riescono ad entrare. Chi non entra opterà per una università privata più economica, che difficilmente ti garantirà la stessa formazione di quelle costose.
E nonostante le critiche condizioni in cui si trova, rispetto a noi, la Colombia, per la nota situazione politica e sociale, l’entusiasmo che senti quando vivi qui è incredibile: le persone riescono a bypassare i problemi che vivono quotidianamente, al punto da essere stata nominata il paese più felice del mondo.
Secondo voi, l’ottimismo e la speranza che rendono la Colombia “paese più felice del mondo”, e che io vivo con piacere sulla mia pelle da tre anni a questa parte, sono o non sono una delle ragioni per le quali questo paese ha una crescita economica superiore al 5% annuo?
I pistacchi di Bronte, sulle pendici dell’Etna
“Si stava meglio prima”
Voglio sfatare questo famoso mito.
Prima quando? Gli anni ’80 sono solitamente ricordati come un bel periodo, prima dell’inizio dei grandi problemi che ci avrebbero afflitto. Ora ti mostrerò come, ancora una volta, questo sia un punto di vista soggettivo e che non esistono elementi oggettivi a sostegno di questa tesi.
Negli anni ’80 la mafia uccise ben 10.000 persone, soprattutto nel sud. Dal secondo dopoguerra ad oggi, in Europa, questo numero è stato superato solo dalla tristissima Guerra in Jugoslvaia.
Nel ’91 furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Se pensate che prima ancora fosse “meglio” ricordo gli oltre 700 morti attribuiti alle Brigate Rosse ed agli altri gruppi terroristici, le bombe sui treni, a Piazza della Loggia a Piazza Fontana e i cento morti della Stazione di Bologna.
Una citazione va anche ai 2.000 morti del Vajont, agli scontri di piazza, ai terremoti, alla strage di Ustica e a Gladio.
Quindi, si stava meglio?
O, forse, non c’era la pressione mediatica che ad ogni istante, ci ricorda quanti problemi ci sono, quanto insormontabili essi siano, contribuendo a creare il clima che si è creato? Per citare nuovamente Fabrizio De André: io vado in direzione ostinata e contraria rispetto a tutto ciò. Io voglio tornare ad amare l’Italia
Esiste davvero la crisi?
Prima di rispondere alla domanda, ti chiedo un piccolo gesto. veloce per te, ma importante per il blog! Un “mi piace” a questo post….s
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La domanda è Questa è ovviamente provocatoria. La crisi l’abbiamo vista tutti. Eppure, facciamo una cosa spirituale come il blog su cui ci troviamo: proviamo ad andare oltre l’apparenza.
L’esoterismo e la filosofia ci insegnano come non esista una realtà oggettiva e separata da noi. Ciò che percepiamo è una creazione ed un’estensione della nostra coscienza.
Gli avveniamenti esteriori non hanno una reale capacità di danneggiarci, siamo noi a dargli questo potere. Per fare un esempio stupido, un bambino che piange può essere qualcosa di veramente fastidioso per alcuni così come qualcosa di tenero per altri. Non è il pianto del bambino in sé ad avere il potere di farci reagire in un determinato modo, bensí è il giudizio che noi diamo di un determinato avvenimento a determinare le nostre reazioni.
Allora, poniamo di nuovo la domanda, stavolta con un’accezione spirituale: esiste la crisi in Italia? La risposta te la do parlandoti di un ristorante…in cui andai una sera…
Campo Imperatore, Abruzzo
Quel ristorante a Marsala…
Correva l’anno 2012 ed io mi trovavo in quel di Marsala, in Sicilia. Provammo ad entrare in un ristorante, ma non c’era posto.
Anziché risponderci sbrigativamente, i proprietari (due fratelli) ci fecero accomodare al bancone e ci offrirono un aperitivo nell’attesa. Poi si liberò il tavolo. L’accoglienza fu tanto calorosa che dopo la cena, anziché cambiar locale, decidemmo di prendere un altro drink da loro. Dopo il primo, il secondo ce lo offrirono nuovamente. Non ci potevamo credere. Mangiammo benissimo, facemmo un aperitivo e due bevute e finimmo con conto che non superava i 40 euro a testa, che per quello che avevamo consumato era praticamente niente.
Manco a dirlo, i due fratelli si guadagnarono tre nuovi clienti. La sera dopo eravamo di nuovo lì e quella dopo ancora, pure. Prima di andare via, l’ultima sera, il discorso finí sulla crisi.
“La crisi” – disse uno dei due fratelli col suo tipico accento siciliano – “e che sarà mai la crisi? Qui da noi di crisi ne abbiamo sentito solo parlare dagli altri, noi non l’abbiamo mai vista”.
E ci credo!
La capacità di grandi personaggi, come Ganghi, è sempre stata quella di vivere oltre il tempo. Vivendo “oltre” la situazione che l’ambiente circostante gli presentava, riuscirono a fare cose straordinarie. I fratelli marsalesi, nel loro piccolo, erano riusciti nel miracolo. Pur trovandosi in una delle zone più arretrate del meridione, non fissando la loro attenzione sulla crisi e comportandosi in modo estremamente accogliente e lungimirante con i loro clienti, hanno costruito una piccola attività di successo.
Più fissiamo la nostra attenzione sulle cose che non vanno, più queste non andranno. Si può tornare ad amare l’Italia, ma bisogna fare due cose: rimboccarsi le maniche e cambiare completamente prospettiva.
I difetti dell’Italia
Ciò detto, sarebbe privo di senso, ignorare i problemi, non è certo questa la via che seguo. Non nego né la pressione fiscale, né l’assurdità della burocrazia e delle regole. Né la mala-sanita, né tutto il resto.
Ricordati però dell’Italia come la bella adolescente messa in crisi dalla mancanza di auto-stima.
Lo ripeto ancora: per cambiare l’Italia dobbiamo cambiare noi stessi, dobbiamo smettere di lamentarci, smettere di dare la colpa all’esterno, smettere di comportarci male tutte le volte che ne abbiamo la possibilità.
Soprattutto, dobbiamo smettere di adorare il problema e concentraci invece sulla soluzione.
Tramonto su una spiaggia della provincia di Trapani
Tornare ad amare l’Italia…è possibile o no?
Ed ecco ora anche il seguito di questo articolo che trovi qui: Come cambiare l’Italia – Idee per il Cambiamento.
Se il post ti è piaciuto, condividilo! Se anche tu vuoi tornare ad amare l’Italia….lascia un commento!
(foto tratte dai viaggi in moto da Bologna alla Sicilia: 2014 – 2015)
Grazie
Bravo bellissimo articolo sono super d’accordo. Spero che davvero qualcuno cambi atteggiamento perché a mio parere in Italia siano davvero tanto fortunati , ma come al solito lo si capisce solo quando “lei” ti lascia
Eh si cara Francesca…ho deciso di dedicarmi a un post come questo perché…dopo tre anni di vagabondaggio (una parte del vagabondaggio è stato in Italia) sento di avere sviluppato una visione un po’…diversa…della situazione. Non perderti la seconda puntata, perché lì è dove elencherò un po’ di soluzioni per il cambiamento che ho conosciuto in questo bellissimo triennio. CIAO!
Grazie…era proprio quello che intendevo. Da oggi e’ online anche la seconda parte 🙂
Pitigliano è magica.
caro Elvio, sono pentito di aver criticato così l’Italia in diverse mie affermazioni passate sia dal vivo che in rete. L’Italia ha bisogno di essere sostenuta e non criticata! Quando mi viene da parlare male del governo, ossia che con questo governo non andremo da nessuna parte, dopo un pò mi domando: E con quale governo?
Invece se vogliamo parlare di immigrazione, non intendo definirla come un invasione in piena regola, bensì come un cambiamento. Quanti stati hanno persone di diverse etnie inegrate perfettamente. Anche in Colombia avrai sicuramente notato che i colombiani non sono tutti ispanici, bensì anche di colore; Questo che vediamo è soltanto un cambiamento che non deve metterci paura ma serenità.
Come ultima cosa, quando si dice che l’italiano è una nullità che pensa solo al gossip e ai cellulari beh c’è chi pensa al gossip, ai cellulari e chi come me pensa ai libri, allo sport e via dicendo. Non siamo tutti uguali per fortuna.
Un abbraccio
Ciao Daniele, il tuo messaggio mi conferma che questo mio post, finalmente, sta iniziando a colpire nel segno.
Ho cercato di esprimere il concetto che, al di là dei problemi che ci sono o meno, possiamo smettere di pensare che debbano essere i politici a risolverli, e iniziare noi a darci da fare.
E ci sono tanti modi per iniziare, parlo di uno che considero molto importante, la permacultura, in questo post:
https://spiraglidiluce.org/2015/04/06/costruendo-un-mondo-migliore/
un abbraccio a te
Sono perfettamente d’accordo con quanto espresso nell’articolo, in Italia non facciamo altro che accanirci sul problema senza nemmeno PROVARE a risolverlo ( “Seeeeeh, siamo in Italia. Qua non c’è futuro!”) …beh, credo sia ovvio che non ci sarà mai futuro, se noi per primi continuiamo a ripeterlo a destra e a manca per tutto il santo giorno. Continuiamo a dare la colpa “agli italiani” come se noi non lo fossimo, sono sempre”altri italiani”!! Se noi per primi buttiamo le cartacce per terra è normale che alla fine vivremo in paesi sporchi. Molto spesso ho sentito persone dire “non è compito nostro migliorare il Paese”.
No, caro/a italiano/a, è qui che sbagli… è compito di TUTTI i cittadini migliorare il Paese nel proprio piccolo per difendere la legalità, i diritti, la giustizia e la dignità di una nazione che ultimamente sta vedendo i suoi molti (troppi) meriti sminuiti o peggio, ridicolizzati.
In Italia ci sono molti problemi, ma è lo stesso negli altri Paesi, con la differenza che loro cercano di “nascondere” i difetti ed esaltare i pregi, mentre noi facciamo tutto il contrario! Il giorno in cui riusciremo a “fare gli italiani” sarà un bel giorno per tutto il Paese… ma il fatto che già da ora ci siano tante iniziative per “promuoverci” (vedasi il FAI, o anche Eataly) è già un buon segno. W l’Italia!!!
Un’ altra cosa che ho notato è che in inglese vengono scritti con la lettera maiuscola sia il nome della nazione (es. Inghilterra, England) che il nome del popolo ( es. inglesi, English) cosa che in italiano non accade ( mettiamo la maiuscola solo per il nome della nazione) . Come mai? Una sorta di “complesso d’inferiorità”? Oppure è semplicemente la testimonianza di un antico legame tra popolo e nazione che in Inghilterra (per i vari e arcinoti motivi storico-culturali) è ben più radicato che in Italia?