Finalmente ho visto con i miei occhi l’Amazzonia e, mio malgrado, ho visto anche la deforestazione del polmone verde del Pianeta. C’è una ragione sottile per cui questo avviene…
Caro amico e cara amica che mi leggi, ti scrivo dal cuore dell’Amazzonia colombiana.
Questi giorni tutto è così veloce, intenso, bellissimo e irripetibile, che riesco a scrivere solo una breve riflessione, maturata proprio qui, nel polmone verde del pianeta. Il mio terzo giorno, qui in Amazzonia, ho avuto la fortuna di unirmi a una spedizione diretta alla meravigliosa foresta vergine, la parte di foresta pluviale che non è mai stata coltivata o sfruttata dall’uomo.
Quando, dopo ore di navigazione e cammino, mi ci sono finalmente ritrovato in mezzo, sono rimasto senza fiato: gli alberi sono alti come cattedrali, le liane li ricoprono dalla testa ai piedi, mentre animali ed insetti avvolgono tutto con il loro interminabile canto, e ti riescono a farti sentire infinitamente piccolo.
In mezzo a quello spettacolo mozzafiato, l’unico che sembrava avere la situazione sotto controllo e non stupirsi di niente era Armando, la nostra guida indigena del popolo Tikuna.
Mentre osservavo affascinato lo spettacolo della natura incontaminata, non ho potuto fare a meno di chiedermi: perché l’uomo vuole distruggere questa meraviglia? Ed incredibilmente, dal mio sentirmi così piccolo e sperduto, è nata una possibile risposta.
L’immensità dell’Amazzonia ti fa sentire inerme
Quando entri a contatto con una natura così vasta esterminata, quando sei di fronte ad alberi alti come un grattacielo, quando sei sulla riva di un fiume talmente vasto che a malapena lo sguardo l riesce a scorgere l’altra riva, in qualche modo ti senti sovrastato e minacciato.
L’Amazzonia ti da solo una possibilità: accettare di essere vulnerabile, minuscola parte di questo enorme tutto. E forse l’essere umano fatica ad accettarlo: sono quasi sicuro che chi taglia gli alberi in Amazzonia, dentro di sé, tiri un sospiro di sollievo, si senta persino soddisfatti.
L’albero che cade, lo spazio che si crea, è sinonimo di dominio umano. L’uomo contemporaneo, si sente più a suo agio dove si distrugge la flora e la fauna, che in mezzo a una fitta e vergine foresta pluviale.
Ovviamente l’Amazzonia viene distrutta per produrre legno, per coltivare, pascolare, per l’estrazione del petrolio, ma credo che in qualche recondito ed oscuro angolo dell’animo umano si nasconda, non troppo occulta, anche l’inconscia volontà di sottomettere la natura, per non essere a sua volta sottomesso.
E invece questa paura non ha senso. Ho dormito con i miei compagni di viaggio nella foresta vergine, è stata forse l’esperienza più forte della mia vita. La mattina, al risveglio, incredibili Spiragli di Luce filtravano dalle vertiginose cime degli alberi. E non c’era nulla di minaccioso.
Se vuoi sapere com’è proseguito il viaggio in Colombia, la prossima puntata la trovi qui: Il giusto mix tra improvvisare e lasciar fluire
Arrivederci al prossimo Spiraglio.
che bello, il tuo sorriso! Ciao 🙂
Bellissimo elvio. Credo tu abbia ragione. Continua cosi. Siamo con te. Abbraccio.
Grazie cara Manu, mille baci per te!
A presto. Ti invidio 😀
meravigliosa profonda riflessione… un saluto 🙂
Grazie. E ringraziamo anche la foresta…che nella sua irreprensibile immensità me l’ha trasmessa.
tanto vince lei 😉
come sei arrivato fino a qui da bogotà?
Ciao Jacopo,
è una storia molto lunga, che però racconto dettagliatamente in questi due spiragli:
La prima parte, l’arrivo in Colombia con alcune difficoltà:
https://spiraglidiluce.org/2015/06/17/tre-mesi-dalloscurita-alla-luce-prima-puntata-ovvero-loscurita/
E la seconda, con la partenza per Leticia e l’Amazzonia:
https://spiraglidiluce.org/2015/06/26/tre-mesi-dalloscurita-alla-luce-seconda-puntata/